Ciò che è visibile in un conflitto non corrisponde quasi mai al vero motivo che lo ha causato.
Ciò che conta in un conflitto è imparare a vedere il suo invisibile.
In un conflitto, ciò che si vede, ciò che emerge, che è visibile, corrisponde alla superficie, ai motivi apparenti per cui le persone litigano. Ciò che non si vede corrisponde ai motivi nascosti, ai veri motivi per cui si confligge. Volendo dare una definizione, si può affermare che esso è uno stato della relazione caratterizzato da problemi e disagio. Il conflitto è infatti doloroso, portatore di disagio, il quale alimenta i problemi che a loro volta alimentano il disagio. Affrontiamo i conflitti per affrontare il disagio, ma poiché questo è doloroso allora cerchiamo una soluzione “conflict fast food”, qualcosa che ci tolga in fretta dalla sofferenza e che spesso si concretizza nel convincerci della giustezza della nostra posizione contro quella del nostro contendente, il quale a sua volta farà la stessa cosa, dando vita a un gioco di accuse, difese, attacchi e contrattacchi e alimentando così i problemi e il disagio. Così facendo rimaniamo sulla superficie del conflitto, dove ognuno alimenta la sua percezione, la quale è di per se stessa parziale, in quanto dipende da quali angolazioni osserviamo, senza andare alle vere motivazioni dello stesso, rendendo consapevoli i punti di vista nascosti, chiarendo le necessità, i bisogni, i desideri, le aspettative, le percezioni, i problemi di comunicazione, i timori, i desideri e soprattutto i veri interessi delle persone.
Il conflitto si compone di due elementi: il visibile e l’invisibile; si presenta in superficie con richieste che si oppongono, le quali mascherano ragioni più profonde che sono nascoste e che necessitano di essere portate alla luce se si vuole arrivare a una vera risoluzione del problema. Ogni conflitto però contiene al suo interno una soluzione. Per trovare la soluzione a un problema bisogna saper scendere sotto la sua superficie, affrontando anche il disagio che ne consegue. Volendo usare una metafora, per trovare la perla nascosta nel mare di ciascuno di noi non basta guardare il mare, occorre tuffarsi. Questa metafora ci conduce a comprendere che se vogliamo affrontare il conflitto non possiamo rimanere sulla superficie dell’acqua, dove troviamo soltanto gli scontri di posizione e i motivi apparenti, ma occorre immergersi, affrontare l’acqua bagnandosi, perché solo così possiamo andare a vedere ciò che è nascosto, ciò che è invisibile il quale, se non reso visibile, ci impedisce di trovare la perla nascosta, la soluzione che il conflitto contiene.
Imparare a vedere l’invisibile del conflitto è possibile, così come è possibile decidere in un conflitto quali nuovi atteggiamenti assumere. Il conflitto ha infatti due poteri, può perturbarci e accecarci, così da renderci preda della sua trappola, lasciandoci sulla sua superficie, oppure trasformarsi in uno strumento di apprendimento che ci conduce non solo a comprendere i veri motivi per cui confliggiamo, ma anche a trovare soluzioni creative. Saper vedere l’invisibile del conflitto significa anche apprendere competenze che migliorano la qualità delle nostre relazioni sotto tutti gli aspetti, in quanto ci rendono capaci di riconoscere quando si è in un conflitto, affrontare il disagio che ne consegue, gestendolo positivamente per gestire di conseguenza positivamente i problemi, comprendere che il primo passo per risolvere i problemi è cambiare punto di vista, se cambiamo infatti l’angolo di visuale vedremo altre cose, mantenere la giusta distanza dalle proprie emozioni, accettare le persone con le quali entriamo in conflitto sapendo però usare la giusta assertività che ci permette di non accettare i loro comportamenti, riformulare i problemi in termini di bisogni, imparare ad ascoltare, comprendere quali sono le alternative possibili per soddisfare le nostre richieste, non giudicare. Tutte queste competenze sono ancora più necessarie per i professionisti che sono chiamati ad aiutare le persone a risolvere problemi, a trovare accordi soddisfacenti, negoziando in maniera creativa.
Tutto questo è ciò che insegno nei miei corsi, che permea il mio modo di lavorare come avvocato, mediatore, negoziatore e formatore. Ciò che ho imparato l’ho appreso non solo studiando i conflitti ma soprattutto vivendoli, affrontandoli e trasformandoli. Essi sono stati e continuano a essere i miei migliori maestri, in quanto mi hanno consentito di aprire gli occhi e vedere come l’invisibile trae origine dal visibile, come tutto è correlato e come, attraverso la trasformazione del conflitto, si può giungere a una visione più ampia dove non si presta attenzione alle persone isolando i torti dalle ragioni ma le si considera in una visione d’insieme che comprende innanzitutto le loro relazioni.